#9 LASCIATE IN PACE ME E I MIEI PIAGNISTEI
La clausura primaverile è ancora più beffarda, su questo non credo ci siano dubbi.
È sadico e imperturbabile il ciclo infinito di belle giornate e sere sempre più calde.
A noi non resta che osservare.
Quello che nel solito ridicolo tentativo di emulare gli aprifila del progresso ad ogni costo era arrivato ad essere un paese di frenetici paciocconi si ritrova fermo, una volta tanto, a contemplare davvero le bellezze delle quali normalmente si vanta su facebook per perculare i cugini tedeschi.
È una contemplazione sofferente quella di questi giorni, una contemplazione fine a sé stessa perché ha per oggetto qualcosa del quale non si può godere affatto.
Puttana la primavera, quando alle sette di sera è ancora chiaro, puttana puttana puttana perché avvicinarla e goderne è vietato per decreto.
I piagnistei non servono, tocca rimboccarsi le maniche e cercare di essere ottimisti mi si dice e io rispondo con un bel sonorissimo vaffanculo.
I piagnistei servono a me per rimanere vivo, se non vi piacciono tappatevi le orecchie e leggete qualcos’altro, a me certamente non mancherete.
E poi il vostro mantra: sperare ed essere ottimisti, certo.
Chi vive sperando sappiamo tutti come muore e per quanto riguarda l’ottimismo, beh, chi lo propone come toccasana sempre valido normalmente appartiene alla generazione dei miei genitori o dei miei nonni.
A giudicare dallo stato di salute del pianeta se fossero stati un po’ meno ottimisti e un po’ più propensi a rimboccarsi le maniche oggi a me non toccherebbe dedicarmi al piagnisteo ogni santo giorno mentre la primavera sfugge veloce.