#10 CHE SCHIFO AVERE VENT’ANNI
Era il 2013, vivevo ancora in Germania e, sulle tracce degli ispiratori di Tarantino, mi imbattei nel grande Fernando Di Leo.
Ancora oggi considero la sequenza iniziale del suo “Milano Calibro 9”, col suo montaggio impeccabile e con la straordinaria suite progressiva degli Osanna una vera e propria gioia per gli occhi e le orecchie.
Pur essendo all’epoca quasi digiuno delle nozioni minime che occorrono per giudicare un film in maniera oggettiva era chiaro che quel magnifico noir metropolitano con Gastone Moschin nei panni di Ugo Piazza era una spanna sopra tutti i suoi cugini poliziotteschi messi in scena pur con gran mestiere dai vari Lenzi, Castellari, Steno.
Il mio definitivo amore per Di Leo però scoppiò grazie a un’altra pellicola, un’opera che non aveva niente a che fare né col noir né con Tarantino: “Avere vent’anni”.
Recuperatelo se riuscite, se siete forniti di buoni stomaci cercate la versione originale senza il finale censurato.
C’è una frase all’inizio del film che Di Leo ruba sapientemente al Paul Nizan (un altro che avrei finito per amare molti anni dopo) e che recita così: “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita.”
Avevo vent’anni anch’io all’epoca e più leggevo la citazione e più capivo.
Come può essere meravigliosa un’età che sfugge prima ancora di dar la possibilità a chi la vive di realizzare la sua folle e amabile irreversibilità?
Qualche anno fa anche gli ottimi Coma_Cose hanno ribadito il concetto rendendo bene l’idea in una strofa che recita testualmente “Che schifo avere vent’anni” segno che i tempi cambiano ma il disagio del quinto di secolo resta.
Oggi immagino faccia schifo come ieri, i feedback che mi giungono dalle mie fonti nate agli albori del nuovo millennio sembrano confermare la linea Nizan-Di Leo-Coma_Cose.
E chi i venti li ha passati? Quelli della mia età? I nostri fratelli più grandi?
Tutti impegnati a cercare di nascondere la delusione per essersi fatti sfuggire i vent’anni senza averne fatto buon uso.
Fateci caso, ognuno come può cerca di riderci su.
Siamo di fronte a una pandemia mondiale, a un’estinzione di massa, al collasso definitivo del pianeta eppure, come dice Moresco, non si è mai riso così tanto.
“Gente allegra il ciel l’aiuta” siamo sempre lì, ai soliti proverbi, alla saggezza popolare che ha fatto più danni della grandine.
Ridiamo per tutto, ad oltranza, ridiamo per le sfuriate di Sgarbi, per una realtà così grottesca che ormai ha annichilito anche la satira che non riesce più a tenere il passo.
Ridiamo addirittura per quella minchiata di LOL che non ho visto ma del quale conosco ormai ogni gag patetica perché tutte le mie bacheca social ne sono invase.
“Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita.”
Ha ragione Nizan, i vent’anni sono il picco che precede una caduta ridicola e incontrollabile, l’inizio della fine.